Chi li ha vissuti sa che gli attacchi di panico sono una delle esperienze più intensamente sgradevoli che possano capitare. Non ci si sorprende perciò che dopo uno o più episodi si mettano in atto dei comportamenti di evitamento rispetto alle condizioni e situazioni che si pensa possano di nuovo scatenarli.
Spesso non si riceve comprensione da amici e familiari, i quali pensano di aiutare il malcapitato invitandolo a non aver paura, ad insistere, ad affrontare, ad essere forte, con la conseguenza di indurre nel paziente l’idea che egli sia fragile e debole o che abbia scarsa forza di volontà, favorendo così anche l’emergere di sensi di colpa. O addirittura si può arrivare a giudicare gli attacchi come messe in scena, scuse per evitare impegni e situazioni che invece dovrebbero essere affrontate con forza, maturità e determinazione.
Nonostante tanta letteratura esista ormai sull’argomento e nonostante sia questo un disturbo oggi molto frequente, ancora taluni ignorano che la persona che ne è colpita sente di non avere alcun potere di opporsi e di combattere il terrore che all’improvviso può scatenarsi dall’interno nei momenti meno opportuni. A volte è il paziente stesso che prova ad affrontare la paura con la sua determinazione e forza di volontà, sperimentando spesso la frustrante sconfitta che ne consegue. La tendenza dunque a difendersi e proteggersi cercando di evitare talune specifiche situazioni appare come la scelta più percorribile e ragionevole.
Purtroppo però entrambe le soluzioni, sia quella di evitare che quella di affrontare con grande determinazione, non sono le scelte migliori ma anzi spesso contribuiscono a mantenere o anche aggravare il problema.
Sentendosi perciò in un vicolo cieco e trovandosi costretti ad evitare situazioni sociali o lavorative desiderate o necessarie, è naturale che emergano sentimenti di tristezza, smarrimento, rabbia, abbassamento dell’autostima, che accompagnano l’emozione primaria della paura, dalla quale ci si sente sopraffatti.
In altri casi accade, al contrario, che la reazione dei familiari o del partner sia all’opposto molto comprensiva e protettiva, attraverso continui tentativi di ascolto e sostegno del paziente, considerato fragile e bisognoso di aiuto, finendo però per indurre anche in questo caso un effetto negativo e controproducente, cioè uno stato di dipendenza dalle figure di riferimento e la convinzione che senza di loro egli non può farcela.
Gli attacchi di panico in realtà devono essere riconosciuti come un disturbo e affrontati attraverso un percorso specifico e tecniche adeguate per disinnescarli; e per modificare, se ci sono, le condizioni personali o relazionali che li hanno generati.
La paura e il terrore sono stati emotivi naturali che però nel caso del Disturbo da Attacchi di Panico si scatenano in situazioni che: o normalmente non dovrebbero rappresentare alcun pericolo, oppure tutt’al più dovrebbero ingenerare percezione di ansia del tutto gestibile.
Ci sono molte situazioni di vita quotidiana capaci di fungere da innesco per attacchi di panico quali ad esempio: la lontananza da casa o da un luogo o persona ritenuta sicura; la permanenza in un luogo da cui si ritiene difficile o imbarazzante allontanarsi; il trovarsi in un mezzo di trasporto pubblico; restare da soli a casa o trascorrere la notte fuori da soli; essere alla guida di autoveicoli; trovarsi in luoghi con caratteristiche precise come spazi chiusi o molto aperti, luoghi alti, luoghi deserti o fuori dai centri abitati; fobie specifiche quali insetti o animali; oltre a sintomi fisici quali ad esempio avvertire sensazioni alla gola, al petto, allo stomaco o nella pancia.
Nell’attacco di panico in effetti non è la situazione specifica che spaventa, la quale razionalmente si giudica innocua, ma il fatto che tale situazione possa per qualche motivo ingenerare l’attacco di panico, per cui si ha paura dello scatenarsi dell’attacco in sé più che della situazione specifica, la quale però si finisce per evitarla proprio per il timore che funga da innesco.
Per quanto riguarda poi la natura della fortissima paura che si sperimenta durante un attacco di panico, che solitamente è di durata contenuta in una decina di minuti a cui segue uno stato di spossatezza e prostrazione, questa rientra solitamente nelle seguenti categorie: paura di morire, di svenire, di impazzire, di compiere azioni irrazionalmente aggressive nei confronti di sé stessi o degli altri; paura di perdere il controllo delle funzioni del proprio corpo come dover vomitare o andare in bagno all’improvviso etc. La costante fondamentale è il terrore di poter perdere il controllo, del proprio corpo o della propria mente, con la conseguente sensazione di disgregazione.
Il Disturbo da Attacchi di Panico si affronta e supera attraverso un percorso di psicoterapia dove il potere del dialogo e dell’analisi che avviene in terapia sarà congiunto con tecniche ed esercizi da fare a casa o nelle situazioni specifiche. Nonostante alcune variabili comuni, i protocolli di intervento saranno sempre calibrati e adattati al singolo caso in base alle sue specifiche caratteristiche.