Dr. Antonio Iusto

Articoli e approfondimenti

Ipocondria

Un piccolo esperimento
Per avere una idea di come funziona l’ipocondria facciamo un semplice esperimento. Mentre state leggendo queste righe, portate per una decina di secondi la vostra attenzione sulle sensazioni che provengono dal vostro piede sinistro. E’ molto probabile che percepiate qualcosa, una leggera pressione, una sensazione di caldo o freddo, oppure un formicolio; normali sensazioni provenienti dai recettori sensoriali che potete osservare ed analizzare in modo neutrale.
A questo punto facciamo due riflessioni. La prima è che, prima di porre l’attenzione al vostro piede, tali percezioni erano completamente assenti dal vostro campo di coscienza, come se non esistessero affatto, e hanno cominciato ad esistere soltanto a seguito del direzionamento cosciente della vostra attenzione. La seconda è che, se non siete particolarmente preoccupati delle condizioni di salute del vostro piede sinistro, è molto probabile che non resterete a chiedervi cosa avete sentito, ma ve ne dimenticherete anzi rapidamente per dedicarvi ad attività più interessanti.

Si comincia a porre attenzione
La persona ipocondriaca potrebbe invece, a titolo di esempio, ravvisarvi l’indizio o addirittura la prova di un problema circolatorio, specialmente se già antecedentemente preoccupato da tale possibilità. Potrebbe avere un sussulto di ansia, potrebbe sentire l’esigenza di andare a chiedere a Google se esiste correlazione fra particolari sensazioni al piede e malattie cardiocircolatorie; oppure potrebbe correre a manifestare subito la sua preoccupazione ad un familiare nella speranza di ottenere da altri la rassicurazione che non si tratti di niente di grave. Sul momento potrebbe sentirsi rassicurato, ma in seguito potrebbe sentire l’esigenza di andare a ricontrollare le sensazioni che provengono dal piede in momenti diversi della giornata, al mattino appena sveglio, mentre resta a lungo seduto, oppure la sera dopo una giornata faticosa, in modo da monitorare ciò che sente.

La richiesta di rassicurazione
Potrebbe poi volgersi anche alle sensazioni che provengono dagli arti superiori, fino a sentire il bisogno di chiedere un consulto medico per sapere se davvero c’è qualcosa che non va, perché, anche se continuamente rassicurato da familiari o conoscenti, in fondo questi non sono medici, dunque dubbi sulle loro risposte è lecito averne. Il punto è che anche dopo aver ricevuto una rassicurazione medica, resta sempre possibile mettere in dubbio il responso e sentire il bisogno di tornare a controllare più volte durante il giorno, per poi andare a chiedere un altro consulto, dal momento che anche i medici possono sbagliare; oltre al fatto che resta sempre possibile che egli non sia stato in grado di far comprendere bene al medico il suo sintomo.
Tornando al nostro esperimento iniziale, si può vedere come l’operazione che compie chi soffre di ipocondria è quella di ravvisare segnali andandoli a cercare e ponendoci attenzione, scannerizzando il proprio corpo alla ricerca di segni, rivestendo di significato inquietante i segni trovati e cominciando di nuovo a tenere sempre più sotto osservazione quegli stessi segnali, instaurando un circolo vizioso che lo preoccupa sempre di più. In sostanza ha creato un sintomo ed una preoccupazione dal nulla.

In presenza o in assenza di sintomi reali
Il processo appena descritto è puramente indicativo ed esemplificativo di un processo che, nel caso specifico, ha alla base un meccanismo di amplificazione somatosensoriale, ma esiste una diversa modalità in cui la persona che soffre di Disturbo da Ansia di Malattie (come è stato definito dal DSM V) può intrappolarsi.
E’ possibile infatti che l’ansia del soggetto si attivi quando sente qualcosa, un segnale del corpo; ma è possibile anche che la preoccupazione primaria sia quella della mera possibilità di contrarre una qualche malattia, magari per familiarità negli ascendenti o perché si ha avuto notizia di malattie simili fra i conoscenti, e che i controlli si attivino quindi soltanto in seguito a tale primaria preoccupazione, che quindi persiste anche in assenza di segnali percepibili del corpo. Qui la preoccupazione è che la malattia possa procedere silente, specialmente nel caso di malattie tumorali o cardiocircolatorie, dal che ne consegue ansia, tristezza e abbattimento del tono dell’umore, legati alla pur remota possibilità che ciò possa accadere o star accadendo.

Alcune varianti
A volte l’ipocondria si manifesta esteriormente come una richiesta costante di rassicurazioni da parte di familiari e medici, un parlare sempre delle stesse cose senza averne mai abbastanza. Altre volte invece induce ad un atteggiamento opposto, cioè allontanare ed evitare qualsiasi riferimento al concetto di malattia, fino al timore di sottoporsi ad ogni analisi medica per la paura che ciò possa portare alla luce la terribile verità sul proprio stato di salute. La irrazionalità di questo ultimo comportamento è evidente; nel caso si fosse realmente malati infatti, sarebbe certamente meglio una diagnosi precoce. Anche gli ospedali possono configurarsi come oggetto di evitamento fobico, così come gli articoli e le trasmissioni televisive che parlano di salute e malattia.
Le malattie che inquietano maggiormente sono chiaramente quelle più gravi. A volte la paura è quella di morire, ma in altri casi la paura predominante è piuttosto quella legata allo stato di malato, alla dipendenza e alla sofferenza che ne conseguono.
Può anche accadere che la paura della malattia non si riferisce a sé stessi ma ai propri cari: moglie, marito, figli, genitori, e opera attraverso gli stessi meccanismi: ricerca di sintomi negli altri e controllo esasperato delle loro condizioni di salute.

La dominante ossessiva
Quella ipocondriaca non è una condizione di certezza, ma di logorante e costante dubbio, che richiede rassicurazioni, ricerche, verifiche, controlli.
Quando la componente ossessiva è predominante si instaurano dei veri e propri rituali di controllo che possono essere molto resistenti, come ad esempio palpare continuamente parti del corpo, ascoltare attentamente la peristalsi intestinale, tastare l’addome per trovare conferma alla sensazione di gonfiore o irritazione, prendere nota quotidianamente delle caratteristiche di urina e feci, misurare frequentemente pressione e battito cardiaco, osservare bocca e gola etc.
Si cerca di tenere sotto attenta osservazione ogni segno che potrebbe indicare l’esistenza di uno stato di malattia, e le trascurabili variazioni delle misurazioni e delle osservazioni sono sufficienti a creare uno stato di allarme capace di condizionare tutta la giornata.
Il paradosso è che a causa del timore di malattie inesistenti si finisce per ammalarsi di una vera malattia, l’ipocondria appunto, questa sì concreta e reale, che può avere ripercussioni anche gravi sull’umore e sulla qualità di vita personale e relazionale.

Smettere di controllare
L’ipocondriaco è felice quando ritiene di non aver trovato alcun segno, ma per venire fuori dalla ossessione ipocondriaca il punto non è questo. Il punto è che egli deve smettere del tutto di dedicarsi alla operazione di ricerca dei segnali. La continua ricerca di rassicurazione e verifica attraverso i controlli è in realtà ciò che lo tiene ancorato al disturbo. Il desiderio di essere rassicurato in maniera totale e definitiva sul proprio stato di salute è infatti un desiderio irrealizzabile, perché avere la certezza assoluta di non essere ammalati è di fatto impossibile. Bisogna accettare di essere soggetti alla caducità della condizione del corpo e ad eventi morbosi che si possono presentare in maniera purtroppo imprevedibile. E una volta stabilito un piano di controlli di routine per una sana prevenzione ed eventualmente adottato uno stile di vita più o meno sano, continuare a vivere nella speranza di restare in salute il più a lungo possibile. Una volta ridotta l’attenzione ad ogni impercettibile manifestazione del corpo, sarà molto più probabile che eventuali sintomi reali, se presenti, si imporranno all’attenzione in maniera naturale come segnali che richiedono una giusta considerazione.

 

L’amplificazione dell’ansia ad opera degli algoritmi di internet e dei social

E’ importante notare che l’uso delle ricerche in internet effettuate per ottenere informazioni e rassicurazioni sulla condizione di salute di cui si è preoccupati, oltre a contribuire a mantenere l’attenzione focalizzata sempre sullo stesso argomento, con la conseguenza di aumentarne la percezione di importanza, influisce negativamente sul soggetto anche per il tramite degli algoritmi che raccolgono i dati inerenti le attività che l’utente svolge su internet.
Dal momento che la maggior parte delle attività infatti è in genere monitorata da sistemi automatici che cercano di individuare le aree di interesse dell’utente al fine di proporre notizie, link o messaggi pubblicitari, il risultato sarà che l’utente, sia nella normale navigazione che sui social, sarà esposto in modo sempre più massivo a notizie e messaggi relativi alle malattie o a quelle specifiche condizioni di cui cerca rassicurazione, con l’effetto di una ulteriore amplificazione della percezione di importanza e centralità della malattia, che aumenta sempre di più man mano che egli fa più ricerche e trascorre più tempo nella lettura di quegli argomenti. Il risultato sarà la percezione di un mondo in cui l’oggetto della sua ansia è spaventosamente onnipresente, mentre in realtà è l’effetto delle sue stesse azioni; fattore questo che rappresenta un ulteriore motivo per cui è molto importante interrompere l’attività di ricerca di rassicurazioni attraverso l’uso di internet. Ma in ogni caso tenere bene a mente questo meccanismo: che ciò che viene presentato attraverso i messaggi cui siamo esposti in modo apparentemente casuale, attraverso la proposizione di messaggi pubblicitari, link e notizie, non è affatto casuale o rappresentazione oggettiva di ciò che è importante o frequente in internet, ma è in parte l’effetto della stessa attività di ricerca e consultazione, con un effetto di amplificazione che è assolutamente negativo per un soggetto tendenzialmente ipocondriaco.